domenica 19 febbraio 2012

Lo smantellamento Francia e Italia

In Francia le centrali nucleari smantellate sono:
- Brennilis, prima centrale francese in cui è stata intrapresa una procedura di smantellamento.
- Bugey 1, reattore avviato nel 1972 e chiuso definitivamente nel 1994.
- Chinon 1,2,3, reattori chiusi rispettivamente nel 1973, 1985 e 1990.
- Superphénix di Creys-Malville

(centrale formata da un reattore nucleare veloce autofertilizzante (FBR) sperimentale, fu costruita nel 1974, entrò in funzione nel 1986 e smise di produrre energia elettrica nel 1996. L'impianto venne chiuso commercialmente nel 1997).
Il reattore di Superphénix era uno dei più pericolosi perché, rispetto alle altre centrali, produceva più plutonio l’elemento più nocivo che esista.
Ecco perché la sua chiusura è diventata un emblema della lotta antinucleare.
Oggi la centrale è un vero e proprio cantiere, lavorano allo smantellamento centinaia di lavoratori di EDF. Si tratta di un lavoro lungo perché bisogna smontare le attrezzature pezzo per pezzo e far uscire i fluidi goccia per goccia, lavoro che si concluderà nel 2028.
Durante una prima fase durata dal 1999 al 2009 gli elementi combustibili, plutonio e uranio, sono stati estratti dal reattore e messi a raffreddare in una piscina, sul sito, che EDF è autorizzata a sfruttare per trent’anni. La sala macchine, i piloni, la ciminiera, le tubature sono state smantellate.
Una seconda fase, la più importante è cominciata due anni fa. Si tratta di spurgare 5.520 tonnellate di sodio liquido che servivano a trasportare il calore del reattore per produrre vapore acqueo e così alimentare le turbine. Il sodio liquido è estremamente pericoloso perché esplode a contatto con l’acqua e si infiamma a contatto con l’aria. Si stima che per neutralizzare la totalità del sodio saranno necessari circa cinque o sei anni.
Le ultime fasi (2015 – 2028) cominceranno dopo la verifica di totale assenza di contaminazione nei locali. Vedranno la demolizione dei generatori di vapore, della cisterna del reattore che durerà quasi tre anni viste le sue dimensioni (80 m di altezza per 60 m di diametro) e di tutti gli edifici.
Il sito è aperto al pubblico, nelle zone controllate, dal 2003. Nel 2010, L’Autorité de Sûreté Nucléaire ha effettuato sette ispezioni e il sito è stato dichiarato sicuro per la salute.

(Lire: http://www.letemps.ch/Page/Uuid/5cd97150-d5a0-11e0-a840-14bd8f4ed091/Superph%C3%A9nix_d%C3%A9mant%C3%A8lement_dun_spectre)

In Italia nel Novembre 1999 è stata costituita la SOGIN.
La missione della società consiste nello smantellamento e nel mantenimento in sicurezza degli
impianti nucleari sia di produzione di energia elettrica che di ricerca del ciclo del combustibile
nucleare.
Questa missione si pone come obiettivi principali:
• Portare a compimento la chiusura del processo industriale nucleare
• La bonifica ambientale dei siti industriali per renderli di nuovo fruibili dalla collettività
• Il riutilizzo e la valorizzazione dei suddetti siti e del know-how
Oltre le quattro centrali nucleari italiane di Trino (VC), Caorso (PC), Latina e Garigliano (CE) sono stati affidati in gestione a Sogin gli impianti Enea di Saluggia (VC), Casaccia (RM) e Rotondella (MT) e l’impianto Fabbricazioni Nucleari di Bosco Marengo (AL).
La Società, interamente partecipata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, opera in base agli indirizzi strategici del Governo italiano.
La strategia di smantellamento inizialmente adottata da ENEL era quella del decommissioning differito SAFESTOR (periodo di attesa di 40 - 50 anni, rilascio dei siti intorno al 2050).
Dal 1999 la situazione è mutata grazie alla costituzione della SOGIN, al decreto MICA dell’Agosto 2000 che ha accelerato il decommissioning in unica fase (rilascio siti entro in 20 anni), all’impegno del Governo per la realizzazione del Deposito Nazionale dei rifiuti entro 10 anni, ai meccanismi di finanziamento finalizzati a questa strategia.

Le principali fonti di rifiuti radioattivi sono:
- Esercizio degli impianti nucleari (centrali e impianti)
- Smantellamento
- Ciclo del combustibile (composto da: preparazione del combustibile, impiego del combustibile nei reattori, operazioni di messa in sicurezza del combustibile)

In Italia la stima dei rifiuti radioattivi già prodotti dai cicli produttivi è di circa 50.000/60.000 m3 più quelli che deriveranno dallo smantellamento degli impianti nucleari esistenti. Va in ogni caso sottolineato che, in termini di volumi da gestire, i rifiuti radioattivi costituiscono una parte assolutamente marginale dei rifiuti pericolosi prodotti annualmente in Italia.
La quantità di rifiuti radioattivi presenti e futuri in Italia non pone rilevanti problemi di gestione poiché i rifiuti radioattivi possono essere trattati utilizzando tecnologie consolidate e possono essere stoccati temporaneamente nei siti in cui sono stati generati. Tuttavia, per sistemare definitivamente i rifiuti radioattivi di diversa origine (nucleare, industria, sanità, ricerca scientifica) è indispensabile localizzare, progettare, costruire e mettere in
esercizio un deposito nazionale.

(Fonte: “Smantellamento degli impianti nucleari e gestione dei rifiuti radioattivi” di Giuseppe Bolla, SOGIN http://www.mi.infn.it/~alimonti/press/docs/Pres_Bolla.pdf)

Lo smantellamento delle centrali nucleari

Lo smantellamento, in inglese DECOMMISSIONING è la fase di:

DECLASSAMENTO, DECONTAMINAZIONE e SMANTELLAMENTO
delle installazioni e ripristino del sito che ha lo scopo finale di giungere:
- alla completa demolizione di un impianto nucleare;
- alla rimozione di ogni vincolo dovuto alla presenza di materiali
radioattivi;
- alla restituzione del sito per altri usi.

Esistono tre opzioni per lo smantellamento:
Chiusura con stretta sorveglianza del'impianto: Rimangono all'interno fluidi, tubi, vasche piene d'acqua con le barre di combustibile esausto. Con questa procedura denominata Tombatura (in inglese ENTOMBMENT) le strutture, i sistemi e i componenti radioattivi sono racchiusi in una struttura resistente e durevole nel lungo periodo. La struttura risultante è poi sottoposta a un programma di manutenzione e sorvegliata
permanentemente. Con tale strategia ogni impianto diventa un deposito definitivo di se stesso.
A volte si tratta di una scelta obbligata come nel caso di Černobyl', ma in località remote e poco popolate, per siti con molti reattori facili da vigilare, può essere un'opzione.
Rilascio del sito con alcune restrizioni: Dopo l’allontanamento del combustibile vengono effettuati smantellamenti solo sulle parti debolmente contaminate. L’edificio reattore viene posto in condizioni di sicurezza e mantenuto in questo stato per alcuni
decenni. Il decadimento naturale riduce la quantità di materiali contaminati e radioattivi da trattare e smaltire.
Questa procedura (denominata SAFESTOR) causa problemi connessi con la perdita di personale qualificato, indisponibilità del sito per un periodo di tempo prolungato e incertezze sui costi futuri di smaltimento dei rifiuti, manutenzione, sicurezza e sorveglianza del sito.
Rilascio senza restrizioni del sito: Le attività di smantellamento avvengono subito dopo la cessazione dell’esercizio. I rifiuti radioattivi residui sono trattati, imballati e mantenuti in un sito idoneo allo stoccaggio temporaneo o trasportati al sito di smaltimento definitivo. Vantaggio di disporre rapidamente del sito e utilizzare operatori dotati di una notevole conoscenza dell’impianto
Questo tipo di smantellamento (denominato DECON) permette all'impianto di essere rimosso dalla lista degli impianti da tenere sotto controllo, e lo esime da tutte le norme e impedimenti che restringono l'uso delle aree che occupa e di quelle vicine, questo in un periodo di tempo relativamente breve dopo lo spegnimento e la fine delle attività regolate dall'agenzia. Solitamente, le attività di smantellamento o decontaminazione finale, iniziano entro pochi mesi o anni, dipende dal tipo di reattore, caratteristiche e luogo che ospita la centrale. In seguito alla rimozione dal controllo normativo, il sito viene reso disponibile al riutilizzo.

Lo svolgimento del decommissioning passa attraverso le seguenti fasi:

sistemazione del combustibile nucleare esaurito(invio al ritrattamento/riprocessamento o stoccaggio temporaneo in sito);
trattamento, condizionamento e stoccaggio temporaneoin sito dei rifiuti radioattivi accumulati in fase di esercizio;
• caratterizzazione, decontaminazione e smantellamento
delle apparecchiature, degli impianti e degli edifici;
trattamento, condizionamento e avvio al deposito (se radioattivi)
o allo smaltimento per via ordinaria (se non radioattivi) dei materiali derivanti dalle operazioni di smantellamento;
caratterizzazione, riqualificazione e rilascio del sito per altri usi
con l’eliminazione di ogni vincolo derivante dalla presenza di radioattività.

Il rischio principale è dato dalla possibile presenza di materiale radioattivo o fissile, fatto che richiede precauzioni specifiche, la decontaminazione del personale, delle attrezzature e procedure di trasporto e di stoccaggio molto costose. Ad esempio il gas di metallo prodotto durante il taglio delle tubazioni diventa radioattivo, come anche la polvere del cemento risultato delle demolizioni.
In genere, le centrali nucleari della I e II generazione furono progettate per una vita utile di circa 30 anni, ma in realtà la media è stata di 22 anni. Per gli impianti di più recente costruzione e progettazione (III generazione) l'industria nucleare prevede un periodo operativo dai 40 ai 60 anni.
Una volta che la centrale viene smantellata, non deve persistere la possibilità di incidenti coinvolgenti la radioattività, o qualsiasi altra potenzialità di danno causato dalle strutture del reattore ai visitatori del sito. Negli Stati Uniti d'America e in Francia dopo che una centrale viene posta fuori servizio, asportato il combustibile e asportate le parti più radioattive, si consente la cessazione del suo controllo obbligatorio e la società che deteneva la licenza della centrale viene sollevata dalle responsabilità legali per la sicurezza nucleare del sito.